Ogni genitore è portatore delle proprie esperienze passate e di conseguenza vive il suo ruolo genitoriale con una sua specificità. Queste peculiarità possono diventare opportunità per stimolare il cambiamento di situazioni cristallizzate, derivate ad esempio da esperienze dolorose vissute sulla propria pelle. Diventa cosi’ possibile interrompere schemi appresi, rimettendosi in gioco con idee e obiettivi piu’ chiari.
Gli stili educativi derivano dalla combinazione di due livelli: quello di controllo e quello di supporto.
- Il livello di controllo si riferisce alle pressioni esercitate dai genitori per stimolare comportamenti socialmente adeguati nei figli.
- Il livello di supporto si riferisce al sostegno, alla vicinanza emotiva e alla disponibilità a soddisfare i bisogni dei figli.
L’uso e il bilanciamento delle due componenti, oltre al contesto e alle caratteristiche familiari, decretano la positività o negatività dello stile genitoriale emergente.
Dalla combinazione di queste due dimensioni emergono diversi stili educativi. In questo articolo tratteremo brevemente quello autorevole, autoritario e permissivo.
Lo stile autorevole è preferibile perché stimola maggiormente l’autostima, l’assertività, la responsabilità e l’autonomia.
- Stile autoritario: Alto controllo VS basso supporto.
È basato sul controllo esterno piuttosto che sull’insegnamento dell’autocontrollo e dell’autoregolazione. I genitori tendono a plasmare il figlio in base ad un loro ideale, senza accettarlo per quello che è. Esprimono valutazioni e giudizi ogni volta che si allontana dallo standard previsto. Scoraggiano il dialogo, pretendendo obbedienza senza discussione alcuna. I figli di genitori autoritari tendono a diventare ansiosi e frustrati, sviluppano una bassa stima di sé e hanno difficoltà di adattamento.
- Stile permissivo: Alto supporto VS basso controllo.
È basato su basse aspettative nei confronti del figlio, soprattutto in termini di maturità ed autocontrollo. I genitori non forniscono regole e modelli di condotta chiari e definiti, non guidano i loro figli nelle loro scelte e ne soddisfano i desideri anche se sono privi di senso. Si dichiarano più “amici” che genitori. Accettano i ragazzi per quello che sono, senza proporre standard di comportamento. I figli a loro volta considerano i genitori distanti e privi di interesse nei loro confronti, non si sentono sostenuti nei momenti difficili.
- Stile autorevole: Alto controllo VS alto supporto.
I genitori si percepiscono responsabili del controllo dei figli. Fanno da sostegno e guida. Sono sensibili ai loro bisogni e fanno richieste in relazione alle abilità. Incoraggiano il dialogo e tendono a chiarire i motivi delle concessioni e dei “NO”. Le regole proposte sono chiare, motivate ed applicate in modo coerente, ma allo stesso tempo, in caso di valide motivazioni, possono essere adattate. Possono far ricorso a punizioni (non fisiche) che vengono motivate dando al bambino la possibilità di replicare ed esprimere la propria opinione. Le punizioni possono essere negoziate e non devono mortificare o umiliare il figlio. Il genitore offre contemporaneamente nutrimento emotivo, conforto e comprensione empatica, l’amore non viene mai messo in discussione.
Di seguito una breve descrizione degli stili educativi disfunzionali:
- Stile iperansioso: è caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per la sicurezza fisica del bambino. Sono presenti pensieri del tipo: “bisogna stare sempre all’erta e preoccuparsi in continuazione di ciò che può accadere”, “si può stare tranquilli solo se si ha la certezza che le cose vadano bene”. Si verifica una sorta di contagio emotivo, anche con il “Non Verbale”, di questo tipo di messaggi che il genitore trasmette in continuazione al bambino. I rischi sono quelli di generare figli timidi, paurosi, insicuri e alla ricerca ossessiva di sicurezza che diventeranno in futuro adulti ansiosi.
- Stile iperprotettivo: è concentrato sulla “incolumità emotiva del figlio” e generato da sensi di colpa. Sono presenti pensieri del tipo: “i bambini non devono mai ricevere nessuna frustrazione”, “ogni esperienza spiacevole può diventare un trauma che segnerà per sempre il bambino”. Questo stile educativo genera nel figlio una bassa tolleranza alla frustrazione ed un eccesso di egocentrismo. I bambini risultano spesso insicuri, mostrano difficoltà predittive e di assunzione di responsabilità, hanno timore di terribili conseguenze e dubbi sul proprio valore personale.
- Stile ipercritico: è concentrato sull’evitamento dell’errore. Sono presenti: “rimproveri eccessivi, manifestazioni di biasimo, commenti moralistici, messa in ridicolo, svalutazione”. Questo stile educativo genera nel figlio la paura di sbagliare e di essere disapprovato, l’isolamento sociale, un basso livello di autostima e un comportamento di evitamento.
- Stile perfezionistico: sono presenti pensieri del tipo: “è sbagliato tutto ciò che non è perfetto”, “io valgo qualcosa e merito di essere amato solo se riesco in tutto quello che faccio”, “bisogna riuscire bene in tutte le cose”, “il valore di un bambino (come quello dei suoi genitori) dipende dai successi che egli riesce a conseguire”. Questo stile educativo genera nel figlio un atteggiamento perfezionistico, timore di disapprovazione e rifiuto, ansia da prestazione.
- Stile incoerente: è caratterizzato dal fatto che uno dei genitori o entrambi tendono a gratificare o punire a seconda dell’umore quindi da incoerenza intrapersonale/interpersonale. Sono presenti pensieri del tipo: “qualsiasi cosa io senta di fare, è giusta”, “sono troppo debole e privo di risorse per sapere ciò che è giusto fare”, “è troppo faticoso cercare di essere coerenti”.
Oggi si sta diffondendo un nuovo modello educativo che viene definito iperideale. Puo’ mascherarsi dietro quello permissivo/indulgente ma ha delle peculiarità legate agli attuali cambiamenti sociali e alle nuove modalità comunicative. Non è caratterizzato dal disinteresse o dalle basse aspettative ma dalle difficoltà che hanno i genitori di tollerare i dolori, gli inciampi e le sofferenze dei figli. Si tende alla rimozione del dolore e della sofferenza che si traduce nelle future difficoltà che avranno questi ragazzi di mettere in parole a loro volta questi vissuti. Ricordiamoci che una quota di dolore e sofferenza sono necessari per crescere e quindi il rischio diventa il blocco, lo scacco e l’immobilizzazione che si esprime, nella maggior parte dei casi, attraverso l’ansia nelle sue varie sfaccettature.
L’aspetto positivo di questo nuovo modello è l’affettivizzazione e la psicologizzazione, i bambini e i ragazzi sono piu’ relazionali, di contro è aumentata la predisposizione all’ansia.
I nuovi genitori tendono a togliere ostacoli dalla fase della crescita dei figli creando un paradosso, cercano conferme circa le competenze legale al loro ruolo e fanno fatica a identificarsi col il funzionamento reale del figlio in quel momento e con il suo dolore. La conseguenza è che cosi’ facendo anche i figli stessi cercano di evitare di intercettare nei genitori quello sguardo di dolore, percependo che le proprie sofferenze, insicurezze e i propri fallimenti non fanno soffrire solo loro ma anche papà e mamma. Il rischio è che il bambino, per adattarsi dentro a questo sistema iperideale di successo, rinunci a sé stesso (reale) lasciando spazio ad un Falso sé (ideale).
Di seguito sono elencate alcune funzioni genitoriali intese come fattori protettivi:
- Funzione significante: capacità della madre di creare una cornice che dà significato all’azione del bambino, ai suoi bisogni, gesti e movimenti, espressioni inizialmente casuali, inserendole in un mondo dotato di senso.
- Funzione protettiva: capacità di offrire cure adeguate ai bisogni del bambino soprattutto al bisogno di sviluppare costanti relazioni di accudimento e al bisogno di protezione fisica e di sicurezza.
- Funzione affettiva: capacità di entrare in risonanza affettiva con l’altro senza esserne inglobato (sintonizzazione affettiva).
- Funzione regolativa: consente al bambino di regolare i propri stati emotivi, le proprie risposte comportamentali e di organizzare l’esperienza.
- Funzione predittiva: capacità del genitore di intuire e facilitare lo sviluppo del bambino, cambiando le modalità relazionali durante la sua crescita e con l’espandersi del suo mondo e delle sue competenze.
- Funzione normativa: riflette l’atteggiamento genitoriale di fronte alle norme, alle istituzioni, alle regole sociali. Corrisponde al bisogno fondamentale del bambino di avere dei limiti, di vivere dentro una struttura di comportamenti coerenti.
- Funzione rappresentativa: capacità di modificare continuamente le proprie rappresentazioni in base alla crescita del bambino sapendo cogliere i suoi nuovi segnali evolutivi.
- Funzione triadica: capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza cooperativa fatta di sostegno reciproco e capacità di lasciare spazio all’altro, sia esso partner o figlio.
All’interno di ogni famiglia gli stili educativi dei genitori si combineranno creando un approccio unico. Per questo è fondamentale che entrambi facciano consapevolezza del proprio, imparino a collaborare e a combinare le loro diversità per creare un approccio coerente e funzionale (questo è infatti uno degli obiettivi del Parent Training/Supporto Genitoriale che offro all’interno dei miei servizi).